irene:-essere-sorda-non-fermera-la-mia-voglia-di-viaggiare

Sono Irene, romana, ho 52 anni e da sempre mi caratterizza la voglia di scoprire e conoscere. Sono laureata in lettere con indirizzo archeologico specializzata in Vicino Oriente Antico, in particolar modo Antichità Nubiane, l’odierno Sudan. Ho la passione per i viaggi i libri e…le scarpe.

1. So che la prima volta che hai fatto un viaggio in solitaria era nel 2016, cosa ti ha spinto a farlo?

Sì, Francesca, ricordi bene. Il mio primo viaggio da sola fu nel 2016 per il mio compleanno e scelsi Lisbona. Il mio compagno di allora non poteva partire, mentre io volevo dedicarmi qualche giorno ed avevo solo quel periodo;  ho così scardinato il “viaggio di coppia” e mi sono messa alla prova.

2. Mi hai raccontato che sei sorda, questo ha influito o no sulla paura che avevi prima di buttarti in questa nuova avventura?

Non nasco sorda, lo sono diventata nel 1999, scoprendo per caso una malattia ereditaria: l’otosclerosi. In poco tempo mi ha portato via oltre il 70% dell’udito;  ho subito tre interventi di stapedoplastica bilaterale ed ora mi aiuto con una protesi acustica (solo una, perché ho completamente perso l’uso di un orecchio) e leggendo il labiale.

Proprio questa condizione è stata la spinta, la molla, il riscatto. Non volevo precludermi la possibilità di viaggiare. Perché poi? Sapevo che avrei dovuto fare più attenzione ma, in fondo, non più di quanto già non faccia nella vita di tutti i giorni. Non ho permesso alla paura di avere il sopravvento, ovviamente evito situazioni che potrebbero peggiorare la salute.

3. Quanto hai dovuto combattere contro le “frasi depotenzianti” di chi ti stava intorno che ti voleva convincere a non partire?

Ho la fortuna di essere cresciuta in una famiglia che mi ha sempre supportata ed incentivata, mi ha educata allo studio ed alla cultura, la “voglia matta” di sapere è nel nostro DNA. Con mio padre, ogni domenica, andavo in giro per Roma a scoprire un quartiere, i bar storici, i mercati, le Chiese. Mia madre, invece, mi ha sempre incoraggiata a non avere paura, ripetendomi di non farmi abbattere dalle difficoltà.  Sono andata avanti con le mie scelte, i miei programmi di viaggio, i sogni, ma sempre facendo attenzione.

4. Ad oggi hai mai avuto delle difficoltà in viaggio dovute alla tua sordità?

Sì, cara Francesca, le difficoltà sono sempre dietro l’angolo, e la prima che mi torna in mente l’ho affrontata a Cuba nel 2023. Purtroppo non feci i conti con il clima umido ed il caldo torrido dell’agosto cubano. Appena atterrai a L’Avana, il mio apparecchio entrò in tilt e si chiuse (tecnicamente non si accendeva più). Trascorsi i primi 5 giorni girovagando per la Città senza la protesi che chiusi in un sacchetto con il riso, aspettando e sperando che si asciugasse dall’umidità.

5. Come ti approcci verso gli stranieri in viaggio? trovi sia più difficile?

Quando viaggio porto con me la mia educazione ed il rispetto. Lascio a casa stereotipi e pregiudizi. Non parto sprovveduta ma rispettosa, appunto; mi informo, controllo, studio la cultura del luogo. L’approccio è naturale, ma non do confidenza. Solo se necessario ed in caso di bisogno reale chiedo aiuto, spiegando la mia situazione. Non è più difficile con gli stranieri, anzi, tendono una mano e sono molto ben disposti. Sono sempre tutti gentili e pronti ad aiutare È importante anche sapersi organizzare utilizzando carta e penna o i traduttori online. Scherzo sempre su questo lato della mia patologia dicendo “non capisco l’italiano, non capisco l’altra lingua, ma almeno all’estero posso camuffare”.

6. Un episodio in cui accessibilità e accoglienza hanno funzionato alla grande, e uno in cui invece hai trovato barriere

Sempre a Cuba, casa particular a L’Avana. Mi hanno messo a disposizione tutto in quel momento di panico totale, quasi di paura. Ci fu un passaparola incredibile da quel momento in poi, perché per tutte le tratte successive di quel viaggio (furono 28 giorni con 8 spostamenti) ogni casa particular, ogni “driver” sapeva già di me e come aiutarmi. Purtroppo il problema, almeno per me, è sempre in aeroporto o in luoghi molto affollati. Nel momento in cui bisogna concentrarsi, tra documenti, controlli, bagagli, sono sopraffatta da rumori esterni che destabilizzano e confondono. La gente si accalca, non rispetta fila e privacy, basterebbe un po’ di ordine e pazienza in più. In realtà mi capita anche alla cassa del supermercato! Così torniamo alla domanda numero 5: in Italia o all’estero non cambia. Ho un handicap invisibile, ma c’è, esiste, a volte mortifica, ma non bisogna mai scoraggiarsi.

7. Com’è “ascoltare” un luogo senza suono? Cosa noti di più (ritmi, immagini, vibrazioni, gesti) che altri magari ignorano?

Questa è una domanda davvero particolare, bellissima e difficile, che costringe a guardarmi dentro. Come ti ho raccontato, non nasco sorda, mantengo una memoria uditiva. Di ogni singolo suono, anche se per la maggior parte (tutti quelli alti) devo appunto ricordare. Quando chiudo la protesi, mi immergo in un silenzio che mi dona pace, come quando si nuota e si è sott’acqua, liberi da ogni rumore. Una pace fisica che però arriva al cuore e rende leggeri. Nessun luogo è senza suono. In realtà anche il vento fa rumore. A volte fischia, a volte sussurra ed io lo sento. Ogni suono è vibrazione che arriva sulla pelle. Non distinguo più, è vero, ma percepisco tutto. Abituata a leggere il labiale, osservo e guardo con più attenzione i volti, le situazioni, le persone. Guardo il viso per cercare di sentire e capire quello che si dice ed allo stesso tempo percepisco dai gesti se l’interlocutore è ben disposto o non. C’è una mimica che si accompagna alle parole che prendono forma e diventano o amiche o nemiche. Posso non capire tutto, ma sento dentro e questo mi aiuta a proteggermi. A volte sbaglio, non sono infallibile e quindi si creano malintesi. Quando devo avere un dialogo mi concentro sulla persona, anche in un luogo affollato. Faccio uno sforzo non indifferente per focalizzarmi solo su quella; quando, invece, sono libera dai dialoghi ho una visione d’insieme ed è più divertente osservare gli altri. Non sempre chi parla esprime davvero ciò che sente dentro.

8. Quali consigli daresti a una donna sorda che vuole iniziare a viaggiare da sola—da cosa partire, cosa mettere nello zaino “tecnologico” e mentale?

Ognuno di noi, a prescindere dalla malattia, è diverso e speciale, ha gusti, passioni, abitudini, modi di organizzare che restano unici. Ad una donna come me, con la mia stessa passione e patologia, direi intanto di non avere paura. Iniziare con uno spostamento breve, mini weekend, e vicino.

  • Scegliere una città da visitare in pochi giorni, magari anche in Italia, per mettersi alla prova. Io scelsi di Lisbona, vicina, piccola, sicura, accogliente, ricca di storia e di natura.
  • valutare l’alloggio e prediligere un luogo ben ubicato in centro o appena fuori e collegato, così da evitarsi spostamenti lunghi la sera se si vuole cenare fuori.
  • comunicare alla reception o all’host che si è sordi, così da essere sempre avvisati sul proprio cellulare (perché è inutile bussare alla porta.) in caso di un eventuale pericolo.
  • registrare il viaggio sul sito della Farnesina.
  • avere con sé il necessario per le protesi acustiche, pile, ricariche e… riso 😊 ed anche carta e penna perché magari il cellulare non prende ovunque e scrivere è sempre il miglior mezzo di comunicazione.
  • Io evito i viaggi di notte; un po’ perché mi piace osservare il paesaggio un po‘ perché devo “controllare”.

La tecnologia aiuta, ma il cuore fa sempre la differenza. Partire fiduciosi, ma con giudizio e rispetto della cultura del Paese che si visita. Le attenzioni che prendiamo tutti i giorni sono le stesse da usare in viaggio, cambia solo la latitudine.

9. Se potessi scrivere una “lista dei desideri” per compagnie aeree, hotel e operatori del settore, quali 3 cambiamenti concreti chiederesti per rendere il viaggio più accessibile?

Nella mia lista desideri al primo posto c’è la richiesta di sottotitoli per ogni messaggio audio in aeroporti, stazioni e metropolitane e cabina aereo (annunci pilota /hostess). Sarebbe molto importante ed inclusivo che ogni operatore del settore turistico potesse conoscere la lingua dei segni, sia la LIS che quella internazionale. Essere magari muniti di un monitor con la trascrizione immediata nella lingua dei segni. Spesso L’annuncio vocale dell’ultimo minuto, l’ultima chiamata, il cambio del gate non arriva in tempo reale sull’applicazione e sul cellulare. Quindi un monitor che possa trascrivere nell’immediato il messaggio dell’annuncio.

Gli hotel, per esempio, potrebbero installare degli avvisi luminosi per segnalare un avviso un allarme o la semplice sveglia. Ovviamente ci sono diverse patologie e gradi di sordità, c’è chi ha l’impianto cocleare e chi conosce la LIS (io, per esempio, no)

In generale, a mio avviso, non abbiamo bisogno di particolari infrastrutture, come un bagno dedicato o scivoli per superare barriere architettoniche o accompagno. Possiamo essere autonomi ed autosufficienti in modo completo se l’altra persona che si interfaccia con noi fosse meno spaventa del “diverso”.

Per mia fortuna ho incontrato sempre persone disponibili e pazienti e poi con l’educazione, la gentilezza, si ottiene tutto. Spesso però mi sento come “il fastidio del momento”. Tutti di corsa, iper veloci, mentre il mio cervello deve decodificare suoni, parole, richieste e resta bloccato e si appanna anche la vista. Ricordiamoci che siamo tutti stranieri quando viaggiamo.